Antioco (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO SECONDO
 
 Veduta di mare col porto di Seleucia, contiguo alla reggia.
 
 SCENA PRIMA
 
 ANTIOCO e ARSACE
 
 ARSACE
 Andiam; tutto ci arride.
 ANTIOCO
 Andiam; portate almeno, aure innocenti,
 questi miei due sospiri,
 un di pietade al genitor che lascio,
500l’altro di amore al caro ben che perdo.
 ARSACE
 Richiama il tuo gran core.
 Questa è la strada, onde alla gloria vassi.
 ANTIOCO
 Il sa ma non fa il cor la via de’ passi.
 
 SCENA II
 
 SELEUCO con seguito e i suddetti
 
 SELEUCO
 Non vi affrettate. Anch’io...
 ANTIOCO
505Il genitor?
 ARSACE
                       (Siamo scoperti).
 ANTIOCO
                                                         (Oh fato!)
 SELEUCO
 (Ah Tolomeo verace
 nell’opportuno avvìso
 dell’iniqua lor fuga!) Ah figlio ingrato!
 ANTIOCO
 Padre...
 ARSACE
                  Signor...
 SELEUCO
                                    Tacete,
510ambo egualmente indegni,
 tu d’esser figlio mio, tu mio vassallo.
 ANTIOCO
 Qual sospetto?
 ARSACE
                              Qual ira?
 SELEUCO
                                                  Empio, fellone,
 così con nove colpe
 si correggon le antiche? Il mio perdono
515si cerca nell’orror di un tradimento?
 A te serva di carcere la reggia.
 Col tuo popolo infame
 tu torna al padre. Il viver, che ti lascio,
 sia pena e non speranza. Una grand’ira,
520dillo a’ Fenici, a gran vendetta aspira.
 ARSACE
 (S’egli è reo perché m’ama,
 lo difenda il mio braccio e la mia fama). (Si parte co’ fenici)
 ANTIOCO
 Ecco a’ tuoi piedi ’l ferro,
 ecco il seno. Qui solo
525lo sdegno ammorza; ogni altrui fallo è mio.
 SELEUCO
 Ancor persisti? E più di un padre offeso,
 un popolo rubel merta il tuo affetto?
 ANTIOCO
 Di qual fallo...
 SELEUCO
                             Mia cura
 il supplizio ne sia.
 ANTIOCO
530S’errai...
 SELEUCO
                   Vanne. Già sento
 che del tuo error la prima pena è mia.
 ANTIOCO
 Ferma, o padre, e del mio errore...
 SELEUCO
 Di offeso re, non più di padre ho il core.
 
 SCENA III
 
 ANTIOCO
 
 ANTIOCO
 E mi lasci così? La mia innocenza
535sfida tutto il rigor del trono irato?
 Per non esser rival dunque son reo?
 Un atto di virtù colpa si crede?
 Perfidia il zelo e fellonia la fede?
 
    Stelle spietate e barbare,
540il vostro sdegno opprimermi
 con più rigor non può.
 
    Era per voi già misero;
 or misero colpevole
 anche per voi sarò.
 
545Se il merito è delitto,
 assolvetemi, o numi. Io nella reggia
 di Stratonica il core
 profanerò con gli miei voti. Al padre
 empio l’usurperò. Saranno audaci
550ma giuste... Oh ciel! Che parlo? Antioco, taci.
 Frena il folle consiglio.
 Può Seleuco negar d’esserti padre;
 ma tu negar non dei d’essergli figlio. (Resta pensoso)
 
 SCENA IV
 
 STRATONICA e TOLOMEO
 
 STRATONICA
 Qual dolor? Quai spaventi?
555Attonita è la corte,
 mesti i custodi, alto silenzio... Ah temo.
 Qual orror sì funesto
 gli animi, o prence, in dì sì lieto ingombra?
 TOLOMEO
 Dalla fuga di Antioco
560sorpreso è ognun. Ne freme
 tutta la corte e teme
 nello sdegno del padre il mal del figlio.
 STRATONICA
 Soccorretelo, o dei.
 ANTIOCO
 Sì sì. Prence nascesti e figlio sei. (In atto di partire)
 STRATONICA
565Antioco.
 ANTIOCO
                   Ah, mia regina.
 TOLOMEO
                                                  (Osservo e ascolto).
 STRATONICA
 Me qui vedi...
 ANTIOCO
                             E il mio duolo
 cresce nel rivederti; e l’empia sorte
 a numerar mi astringe
 fra’ mali miei la tua presenza ancora.
 STRATONICA
570Principe, del tuo core ov’è l’invitta
 costanza? Un sol momento
 di te trionfa? Al fato
 sì tosto cedi? E il tuo crudel martoro...
 Ma qual pallore? Antioco...
575Numi, soccorso.
 ANTIOCO
                                Oimè... Regina... Io moro... (Sviene)
 TOLOMEO
 (D’amor ei sviene). Antioco.
 STRATONICA
                                                      Antioco. Oh dio!
 TOLOMEO
 Frena, regina, il duolo.
 STRATONICA
 (M’osserva Tolomeo). Prence, condona,
 giusto è l’affanno mio. Sposa del padre,
580tenerezze di madre io deggio al figlio.
 TOLOMEO
 Nobil pietade. (Argene,
 non sospettasti invan).
 STRATONICA
                                            (Men fiere siete,
 pene, se mi uccidete).
 
 SCENA V
 
 SELEUCO con seguito e i suddetti
 
 SELEUCO
 Qui mi richiama... Qual oggetto è questo?
 TOLOMEO
585Un deliquio mortale...
 STRATONICA
                                           È forse duolo
 di averti offeso...
 SELEUCO
                                  Olà, tosto si guidi
 alle stanze vicine.
 TOLOMEO
 Signor, sarà mia cura il far che Antioco
 torni all’uso de’ sensi.
 SELEUCO
                                          In te riposo,
590poi torna a consolarmi.
 TOLOMEO
                                             (E così meglio
 ne scoprirò gl’interni affetti). Andiamo. (Si parte con le guardie che sostengono Antioco)
 
 SCENA VI
 
 SELEUCO, STRATONICA e poi TOLOMEO
 
 STRATONICA
 Parte Antioco, signor; ma parte degno
 più della tua pietà che del tuo sdegno.
 SELEUCO
 No, regina.
 STRATONICA
                        Perdona
595al zelo mio; potresti
 obbliar di esser padre? Io temo, o sire,
 ne’ tuoi sdegni un periglio
 che perda il genitor, perdendo il figlio.
 SELEUCO
 Le tue voci, o mia cara,
600son voci del mio cor; l’anima e il sangue
 fan conoscermi Antioco; e Antioco solo
 vuol distrugger sé stesso.
 STRATONICA
                                                E con qual fallo?
 SELEUCO
 Se il sai, cresce il mio duol; se non t’è noto,
 ti risparmio un rossor. Basti che ardito
605col genitor te pur, mia sposa, offese.
 STRATONICA
 (Cieli! Seleuco intese
 il nostro amor). Forse innocente...
 SELEUCO
                                                                Basta.
 Tu meco perdi ogni ragion. La colpa
 troppo mi è certa e troppo il reo mi è caro.
610Eccoti in pochi accenti
 di un giudice e di un padre i sensi e il voto.
 Abbia Antioco il perdon, purché mel chieda.
 Non odio in lui che il suo fallir. Se vuole
 che il giudice si plachi,
615basta che il padre intenda
 l’error del figlio e dell’error l’emenda.
 STRATONICA
 (Respiro).
 TOLOMEO
                      A’ primi uffizi
 tornò l’alma del prence.
 SELEUCO
 E vive al mio perdono.
 STRATONICA
                                            Io stessa, o sire,
620farò che a te lo chieda.
 SELEUCO
                                           Allor più belle
 risplenderan dell’imeneo le faci;
 e potrò più contento offrirti in pegno
 del mio amor, del tuo merto
 col cor la destra e con la destra il regno.
 
625   Bella gloria delle mie pene
 voi sarete, lumi vezzosi.
 
    Voi ministri d’ogni mio bene,
 voi delizie de’ miei riposi.
 
 SCENA VII
 
 STRATONICA e TOLOMEO
 
 STRATONICA
 Preservai a Seleuco
630una metà si cara.
 TOLOMEO
                                  Ed al tuo core
 un oggetto sì dolce.
 STRATONICA
 Nol nego. Amo in quel prence
 del monarca gran parte.
 TOLOMEO
 Tenerezze di madre.
 STRATONICA
635Molto ancor resta all’opra. Andrò di Antioco
 ad eccitar nell’alma il pentimento.
 Poi farò che un bel foco,
 nato da pari ardore,
 e di Antioco e di Argene accenda il core.
 TOLOMEO
640Di Argene?
 STRATONICA
                        Sì, di Argene ancorché irata.
 TOLOMEO
 L’un vincerai, se vuoi; vincer dell’altra
 l’ostinato rigor, no, non potrai.
 STRATONICA
 Eh, Tolomeo, d’una beltà che brama
 l’arte per farsi amar ancor non sai.
 
645   Tu non sai qual sia l’ingegno
 né qual sia la bizzarria
 di colei che vuole un cor.
 
    Odio mostra e finge sdegno;
 ma sostien la ritrosia
650per decoro del suo amor.
 
 SCENA VIII
 
 ARGENE e TOLOMEO
 
 ARGENE
 Tolomeo.
 TOLOMEO
                    Bella Argene,
 non fu vano il sospetto. Antioco è amante.
 ARGENE
 Non m’ingannai. Ah, quell’uscir piangendo
 da Stratonica, sì, ben tel diss’io,
655di un tenero congedo era dolore;
 allor piangea la lontananza amore.
 TOLOMEO
 lo, che la fuga intesi
 da due fenici, al re l’esposi; e colto
 nella sua colpa ancor l’hai nella reggia.
 ARGENE
660A te so quanto io deggia.
 TOLOMEO
 Mi promettesti...
 ARGENE
                                  Affetti.
 TOLOMEO
 Ove almen vo’ sperar più dolce un guardo.
 ARGENE
 Principe, quando avvampa
 di sdegno un cor, non è sereno un volto.
 TOLOMEO
665Ma nel tuo sdegno ancora
 distinguer con un guardo
 ben puoi, da chi ti offende, un che ti adora.
 ARGENE
 Non chiede il vero amante
 prima del tempo il guiderdon dell’opra.
670Segui a compir la mia vendetta. Or sia
 meta de’ tuoi sospiri Argene offesa;
 poi chiedila pietosa,
 che allor merito avranno i tuoi sospiri.
 TOLOMEO
 Temo che per Antioco
675tu serbi ancor qualche speranza.
 ARGENE
                                                             Io vile
 sperar sopra un ingrato? E che sperarne?
 TOLOMEO
 Qui Stratonica or ora
 protestò di voler che Antioco ti ami.
  ARGENE
 Che Antioco mi ami?
 TOLOMEO
                                          Sì. Resti sospesa?
680Quel tacer è di sdegno o pur di affetto?
 ARGENE
 Nol so. (So che mi avvampa il cor nel petto).
 
    O amor prometta
 o pur tel neghi,
 non pretender che si spieghi
685mai per forza una beltà.
 
    Nol pretender, perché anch’essa,
 nel desio talor perplessa,
 ciò che vuole ancor non sa.
 
 SCENA IX
 
 TOLOMEO
 
 TOLOMEO
 Ch’io saper non pretenda
690di mia fé le speranze e la mercede?
 Questo è un dir che penando io serva e soffra;
 questo è un tradir della costanza il merto.
 Quel risponder incerto
 è scaltro ingegno o bizzarria di core?
695Io non l’intendo e mi confonde amore.
 
    Vede anche il nido
 la rondinella;
 ma laccio infido
 la fa cader.
 
700   Vede anche il lido
 la navicella;
 ma ria procella
 la fa temer.
 
 Giuochi di acque corrispondenti a stanze terrene.
 
 SCENA X
 
 ANTIOCO e STRATONICA
 
 ANTIOCO
 Regina, ecco i miei mali
705risarciti con gloria;
 vivrò, poiché pietosa ami ch’io viva;
 ma quale, oh dio, vivrò? Ch’io deggia al padre...
 STRATONICA
 Chieder perdon della tua colpa.
 ANTIOCO
                                                           E colpa
 sarà l’amarti? Io finger pentimento
710di un amor ch’è mio fregio?
 Potrà egli udirmi? Io sofferirlo? Io farlo?
 STRATONICA
 Ei sa il tuo error, forse lo scusa e vuole
 che il chiederne perdon basti a ottenerlo.
 ANTIOCO
 Riflettesti, o regina,
715a qual delitto il tuo voler m’astringe?
 E che il peggior de’ mali è l’ubbidirti?
 STRATONICA
 Antioco, o del mio core
 parte più cara, unica speme, Antioco,
 temei per te. Nel tuo periglio io vidi
720quanto ha di fiero e di crudel la morte.
 Poiché basta a salvarti il pentimento,
 vanne, lascia d’amarmi; io mi contento.
 ANTIOCO
 Lasciar d’amarti?
 STRATONICA
                                   E se convenga ancora,
 principia ad odiarmi.
 ANTIOCO
725Hai tanto cor?
 STRATONICA
                             Un cor, sì, un cor che pena
 rinunziando al tuo amore.
 ANTIOCO
                                                  E mi consigli
 a perder, a tradir quella che ottenni
 dal tuo labbro vezzoso
 soave libertà di sempre amarti?
 STRATONICA
730La mia virtù l’impone e la tua vita.
 ANTIOCO
 Virtù troppo severa!
 Vita troppo pregiata!
 STRATONICA
 Credi che senza pena io non ti prego.
 ANTIOCO
 E se n’hai pena, adunque mi ami.
 STRATONICA
                                                                È questo
735di una face che muor lo sforzo estremo.
 ANTIOCO
 Chi dee, chi può ammorzarla in questo petto?
 STRATONICA
 Il dovere, il rispetto.
 ANTIOCO
 Io non ho forza. Al padre
 potrò ben detestar l’amor passato;
740ma per quel che succeda,
 ogni voto ch’io faccia è mal sicuro.
 Io dunque, oltre il rossore
 di scoprirmi rival, sarò spergiuro?
 STRATONICA
 Orsù, fa’ core, Antioco. Ascolta, ascolta
745l’ultimo fallo mio che ti confesso.
 M’è grato, sì, m’è caro
 più della tua innocenza il tuo delitto;
 ma pur ti vo’ innocente.
 Ama in me l’onor mio, non il tuo amore.
750Perdilo, s’ei ti perde.
 Sin la dolce memoria
 ne allontana da te. Val la tua vita
 la mia felicità, val la tua gloria.
 
    Si consacri alla tua vita
755il tuo affetto e il mio goder.
 
    Se il tuo rischio è mia mercede,
 mi spaventa la tua fede,
 mi tormenta il mio piacer.
 
 SCENA XI
 
 ANTIOCO
 
 ANTIOCO
 Sacrifizio crudele!
760Per questa che non curo
 vita infelice e mesta, or or si svena
 un così giusto e prezioso affetto?
 No, non poss’io... Ma ceda,
 ceda ogni altro rispetto alla tua legge.
765Nel mio ubbidir si veda
 che tu sei la mia sorte
 e che fai la mia vita e la mia morte.
 
    Si vedrà la mia costanza
 isfidare ancor la morte.
 
770   Io morir? Sì sì, mio core.
 Nel mancar della speranza
 il tuo ardir si fa più forte.
 
 SCENA XII
 
 ANTIOCO e ARSACE
 
 ARSACE
 Qual morte? Hai teco Arsace.
 ANTIOCO
 Che fai? Che pensi? A qual cimento esponi
775l’intempestivo ardire?
 ARSACE
 Vo’ di un padre crudel sottrarti all’ire.
 ANTIOCO
 Taci. Giusto è Seleuco.
 ARSACE
                                            E giusto nega
 a’ miei pietade e te qui arresta?
 ANTIOCO
                                                             Umile
 ne adoro i cenni e il mio destin ne attendo.
 ARSACE
780Andiam. Da’ miei fenici,
 che già Meraspe entro la reggia accolse,
 avrai difesa e scorta.
 ANTIOCO
 Parti, che qui a momenti
 giunger deve Seleuco; o per salvarti
785dallo sdegno real qui ti nascondi.
 ARSACE
 
    È mio zelo il tuo periglio;
 nel tuo ciglio
 si risveglia il mio valor.
 
    Sol per te quest’alma teme;
790per te spera la mia speme;
 il tuo duolo è mio dolor. (Si ritira)
 
 SCENA XIII
 
 SELEUCO e ANTIOCO
 
 SELEUCO
 (Verrà Antioco a’ miei piedi? Ei del suo fallo
 avrà tutto l’orrore?)
 ANTIOCO
 (Dammi coraggio, amore). Eccoti, o sire,
795misero più che reo prostrato un figlio.
 Eccoti inante...
 SELEUCO
                              Antioco,
 poiché figlio nomarti
 a me accresce la pena, a te il rossore,
 sorgi, t’assidi e d’un re padre i sensi
800tacito ascolta e non turbarne il corso.
 ANTIOCO
 Ubbidirò. (Già di soffrire è il tempo).
 SELEUCO
 Grave, Antioco, è il tuo fallo. Io fede appena
 posso farne a me stesso
 e cerco nel mio cor la tua innocenza.
805Ti fui padre; ma questo
 forse è il minor de’ benefizi. Amore
 fece per te più che non fe’ natura.
 Tu l’oggetto più caro
 de’ voti miei. Tu solo
810eri il mio re. Godea
 che dal mio cor ne principiassi ’l regno
 e che fosse mia legge il tuo volere.
 Di’, che far più potea? Potea dal trono
 scender per inalzarti
815e per essere anch’io fra’ tuoi vassalli.
 Il feci, Antioco, il feci. Oggi a’ tuoi piedi
 posi scettro e corona
 e per me non serbai
 che il piacer del tuo ben. Tanto ti amai.
 ANTIOCO
820Tutto egli è ver ma...
 SELEUCO
                                        Taci,
 che non è l’amor mio
 ma la tua sconoscenza il tuo gran fallo.
 Abusarti sì ingrato
 di mia bontà? Voti nudrire in seno
825che offendon la ragione?
 ANTIOCO
                                               Ah, sire...
 SELEUCO
                                                                   Affetti
 che irritano il poter?
 ANTIOCO
                                         Volea...
 SELEUCO
                                                         Desiri
 che orror fanno all’amore, alla clemenza?
 ANTIOCO
 (Oh Stratonica! Oh padre! Oh sofferenza!)
 SELEUCO
 Figlio troppo crudel, se ciò che amavi
830esser potea mio dono,
 perché farlo tua colpa e mio tormento?
 Te l’offersi innocente e il ricusasti
 sol per esser spietato,
 per unirti a’ ribelli,
835per esser sanguinario e parricida.
 ANTIOCO
 Io re?...
 SELEUCO
                  Siediti e taci
 e serba le tue leggi, anima infida.
 Tu, sì, tu aspiri al trono;
 ma il cadavere mio ne vuoi per grado.
840Questo genio esecrabile ti unisce
 al fenice rubel. Questo alla fuga
 ti sollecita il piede e t’arma il braccio.
 ANTIOCO
 (Che ascolti, Antioco?)
 SELEUCO
                                            Questo
 ti rende avverso agl’imenei; ti toglie
845pace dall’alma, ilarità dal volto.
 E pietà mi facea, figlio tiranno,
 il parricidio tuo ch’era il tuo affanno.
 Tu taci, Antioco, ed ora
 quel reo tacer, più che rispetto, è orrore.
850Or parla, ora difendi,
 se il puoi, te stesso e, se nol puoi, ti accusa,
 che se un figlio innocente
 aver più non poss’io, l’avrò pentito.
 Parla, Antioco, fa’ cor; pronto è il perdono;
855ancora padre, ancor Seleuco io sono.
 ANTIOCO
 Stupido resto, o sire;
 che dir non so. Del tuo sospetto io sento
 più orror che del mio fallo.
 Io ribello? Io fellone? Io parricida?
 SELEUCO
860Osi negarlo ancor? Reo qui poc’anzi
 non venisti al mio piè?
 ANTIOCO
                                             Venni e reo sono;
 e reo pur mi confesso
 ma d’altro error che di sì enorme eccesso.
 SELEUCO
 D’altro? V’è nova colpa
865in quel perfido seno?
 ANTIOCO
                                          E tal che piace
 ancorché sia tua offesa e mio tormento.
 SELEUCO
 Ma qual?
 ANTIOCO
                     (Tacete, o labbra,
 la bella colpa, onde si pregia il core).
 SELEUCO
 Parla.
 ANTIOCO
              Perdona, o sire,
870tacer m’è forza.
 SELEUCO
                               Che?
 ANTIOCO
                                           Ne chiedi invano;
 esca l’alma del sen, non mai l’arcano.
 SELEUCO
 Odi qual parla, odi ’l fellone! Ah pensa
 che il tuo tacer ti può costar la vita.
 ANTIOCO
 Giusto è punir chi la pietà ricusa.
 SELEUCO
875Serbisi all’ire mie. (Escono le guardie) Vanne e te stesso
 alla pena risolvi o alla discolpa.
 ANTIOCO
 Per punirmi a te basti
 che il colpevol conosci e non la colpa.
 
    Io non cerco a me difesa,
880perché in te non vo’ pietà.
 
    Il perdono dell’offesa,
 se l’ottengo, è mio castigo,
 se lo chiedo, è mia viltà. (Si parte fra le guardie)
 
 SCENA XIV
 
 SELEUCO, poi ARSACE, poi TOLOMEO
 
 SELEUCO
 Oh perduta pietade!
885Oh giustizia funesta! Iniquo figlio!
 Non ti condanna il padre
 ma la perfidia tua vuol che tu mora.
 ARSACE
 E seco mora il fido Arsace ancora. (Uscendo con ferro ignudo verso Seleuco)
 TOLOMEO
 Ah traditor! Contro il tuo re?
 SELEUCO
                                                       Qui Arsace
890con ferro ignudo?
 ARSACE
                                   E a’ piè tel getto, o sire,
 non traditor (A Tolomeo) ma forte
 strumento di tuo sdegno... (A Seleuco)
 SELEUCO
                                                   E di tua morte.
 Custodi, olà. Prence.
 TOLOMEO
                                        Signor.
 SELEUCO
                                                        Tu vedi
 novelle insidie. A me le tese il figlio.
 ARSACE
895No, che innocente...
 SELEUCO
                                       Taci. In carcer tetro
 costui traggasi, o fidi. Ivi ragione
 mi renderai, fellone,
 de’ tuoi disegni scellerati e rei.
 ARSACE
 Voi l’innocenza proteggete, o dei.
 
 SCENA XV
 
 SELEUCO e TOLOMEO
 
 SELEUCO
900Che giorno è questo, in cui vassalli e figlio
 congiurano a’ miei danni.
 TOLOMEO
 Grande abuso di amore e di clemenza.
 SELEUCO
 Qui reo si prostra Antioco
 e qui perdono implora.
905Io giudice ma padre,
 traditor qui lo chiamo e parricida.
 TOLOMEO
 Fellonia si punisce.
 SELEUCO
 Poi del suo pentimento ei qui pentito,
 dopo chiesto il perdon nega la colpa;
910d’altro fallo si accusa e poi mel tace.
 TOLOMEO
 E qui col ferro esce a’ tuoi danni Arsace.
 SELEUCO
 Sì, questo era l’arcano.
 Era questo il delitto. Ei lo tacea;
 ma il silenzio crudele
915era dubbio del colpo e non rimorso.
 TOLOMEO
 Furo i numi e il mio braccio in tuo soccorso.
 SELEUCO
 Ah, Tolomeo, qual guerra
 la giustizia e l’amor fanno in quest’alma!
 TOLOMEO
 Dove regna giustizia, amore è servo.
 SELEUCO
920È legge di natura amar chi è figlio.
 TOLOMEO
 Ma legge è di ragion punir chi è reo.
 SELEUCO
 Il giusto re non lascia d’esser padre.
 TOLOMEO
 S’è più padre che re, non è più giusto.
 SELEUCO
 Dunque Antioco morrà?
 TOLOMEO
                                               Morrà in Antioco
925un nimico del regno, un tuo periglio,
 un empio, un parricida...
 SELEUCO
                                                Ed un mio figlio.
 
    No, per figlio più non vo’
 un ingrato, un traditor.
 
    La sua colpa cancellò
930la ragion della natura
 e le leggi dell’amor.
 
 SCENA XVI
 
 ARGENE e TOLOMEO
 
 ARGENE
 Prence, qual novo reo
 in Antioco si trova?
 TOLOMEO
 Ei nell’insidie ascose
935l’indegno amico; e per sua man volea
 della vita real troncar lo stame.
 ARGENE
 Antioco sfortunato! Arsace infame!
 TOLOMEO
 Chiami sfortuna, Argene,
 l’idea d’un parricidio?
 ARGENE
940Seppe Seleuco i temerari amori
 che gli usurpan la sposa?
 TOLOMEO
                                                Io non gli dissi.
 ARGENE
 Così al tuo amor si serve e all’ira mia?
 TOLOMEO
 Credei l’orrido eccesso
 peso bastante, ond’ei ne cada oppresso.
 ARGENE
945No no. La gelosia
 armò talvolta un re più che il timore
 della vita e del regno.
 Sappia tosto Seleuco
 quest’ardire del figlio e più severa
950la tua vendetta, Argene, indi ne spera.
 TOLOMEO
 Che serve? Egli è già complice di un ferro
 rivolto alla sua vita.
 ARGENE
 Politica d’amor così m’addita.
 TOLOMEO
 E del mio amor nulla mi dice Argene?
 ARGENE
955Per ben goder ci vuol costanza e spene.
 
    Chi si stanca di sperar
 o non cura il ben che attende
 od offende
 col timore il bel che brama.
 
960   Ed un cor, che nell’amar
 la bellezza al premio astringe,
 o che finge o che non ama.
 
 SCENA XVII
 
 TOLOMEO
 
 TOLOMEO
 Per ben amar dunque si speri. Antioco,
 non cresce il tuo dolor né il tuo periglio
965col sapersi ’l tuo amore.
 Cresce solo il dolore
 del padre, allor che il sappia.
 Tu già sei reo di morte. Or ben mi lice,
 senza tarlo crudel che il sen mi roda,
970la speranza e il desio di esser felice.
 
    La mia fé più non contrasta
 al pensier
 il piacer
 di una gran felicità.
 
975   E per te più non sovrasta
 al mio amor
 il rossor di un’empietà.
 
 Il fine dell’atto secondo